Meta espande il supporto NFT per Instagram in più di 100 paesi, ma sarà del tutto inutile

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Il CEO di Meta, Mark Zuckerberg, ha annunciato di aver iniziato ad espandere il supporto per l'integrazione degli NFT sulla piattaforma audio/video Instagram in oltre 100 paesi. La mossa sarà da classificare come una delle (tante) mosse dell'azienda americana destinata al fallimento.


Dopo aver iniziato il test a Maggio riservato ai creatori statunitensi, Meta ha deciso di espandere la possibilità per Instagram di trasformare i contenuti in NFT a livello internazionale.

Privati ed aziende di oltre 100 paesi in Africa, Asia-Pacifico, Medio Oriente e Americhe potranno condividere le loro foto e i loro video come hanno fatto regolarmente fino ad ora, ma con una possibilità in più: quella di poter trasformare in NFT, in maniera immediata, i contenuti pubblicati. La trasformazione seguirà i processi noti per gli NFT e quindi le foto e i video divenuti NFT, potranno essere venduti scambiati a piacere, come accade già per altre piattaforme.

Perché gli NFT su Instagram (e Facebook) sono destinati a fallire

Instagram non è – di certo e attualmente – una comunità per niente ricettiva in ambito NFT. Così come, del resto, non lo è nemmeno Facebook.

Non conosco nessuno che utilizzi con successo Instagram per pubblicizzare i propri contenuti NFT. Su Instagram, ad esempio, non ci sono account ufficiali dei CriptoPunks.

L’account ufficiale di Instagram delle scimmie annoiate del Bored Ape Yacht Club, è un progetto che attinge altrove le risorse di cui ha bisogno per far scorrere la sua linfa vitale. L’ultimo post è di 14 settimane fa e informa i fan che l’account è stato violato (pure).

Basti vedere l’interazione che gli utenti di Instagram hanno nei confronti di progetti al top per capire che, se fosse dipeso solo da Instagram, si sarebbe dovuto pedalare assai – ma assai assai – prima di pensare di arrivare al successo che simili collezioni hanno potuto raccogliere altrove.

Quelle di Instagram di questi progetti top sono semplicemente delle vetrine, senza troppe ambizioni e soprattutto senza troppe speranze.

Su Facebook poi, il pianto è ancora più amaro per tutti i grandi creatori di NFT, pressoché tutti assenti, ma clonati da abili mistificatori esperti del mezzo e soprattutto del pubblico che frequenta simili lidi.

foto di Brett Jordan

Se vuoi metterti in mostra e vendere NFT devi stare solo su Twitter. Punto.

Solo Twitter è riuscita a trovare la forma ideale per la promozione – e conseguentemente il commercio – di NFT. Chi frequenta Twitter per gli NFT sono creatori di contenuti – e investitori – che traggono ispirazione per le loro creazione – e per i loro investimenti – da quanto di meglio gli utenti della comunità riescono a realizzare.

Tutti insieme.

È questa la chiave del successo: una cosa funziona se ci sono tante utenti che decidono di creare una comunità – anche all’interno di un’altra comunità più grande – e la alimentano costantemente e incessantemente.

A volte mi capita di incrociare, certamente per un qualche pacchiano errore dell’algoritmo, delle pubblicità di NFT su Facebook che raccolgono molto poco: pochi sparuti like – nonostante gli ingenti investimenti effettuati – che rimandano a siti tristi con offerte stratosferiche (tipo 10.000€) di presunti artisti oppure – che è ancora peggio – presunti influencer de noantri che hanno deciso – o sono stati convinti a decidere – che basta così poco per diventare miliardari con gli NFT.

Senza evidentemente sapere nulla di NFT, né loro né coloro che li hanno convinti.

Mi spiace, ma non funziona così.

Questa degli NFT su Instagram – o Facebook ancora in fase di test – potrebbe rivelarsi come l’ennesimo colossale flop della società Meta (o Facebook come si faceva chiamare prima).

Quando si tenta di trasformare qualcosa che funziona – più o meno – in qualcos’altro che ne snatura l’identità e le potenzialità che lo hanno fatto funzionare fino a quel momento, si fa un passo indietro e si rischia che i cambiamenti introdotti, più che un vantaggio, producano un danno. Anche bello grosso.

Tipo quello che di recente ha spinto molti influencer di vecchia data di Instagram a criticare le scelte aziendali di Meta che hanno di fatto trasformato, negli anni recenti, la comunità da luogo deputato alla condivisione di belle foto a luogo ibrido in cui filmati – spesso di basso valore – non vengono automaticamente scartati dalle timeline, ma invece promossi semplicemente perché “video”, come prima accadeva solo alle belle foto.

Instagram è nata per le belle foto, non per i brutti filmati, né assolutamente per gli NFT (a questo punto). Facebook, peggio, è nata per il cazzeggio e l’esaltazione ai massimi livelli di odio sociale da parte di reietti, non per gli NFT. Non potrà accadere, mai, che simili piattaforme riescano ad attrarre pubblico ad acquistare NFT.

Già mi immagino una frotta di odiatori seriali inebriati di complottismo di bassa lega e incitati da anonimi sotuttoio sfruttatori di creduloni a bocca aperta, dotarsi di un criptoportafoglio e cominciare ad acquistare NFT come se piovesse. “Non cielo dicono” che gli NFT sono oro! Ma su dai!

foto di Amanda Vick

Instagram, Facebook, YouTube + video brevi = TikTok?

Voler trasformare Instagram o Facebook – ma anche YouTube eh, sia chiaro – in TikTok, semplicemente perché ora è TikTok funziona, produce dei sistemi ibridi non in grado di attirare nessuno.

I processi di trasformazione dei social in qualcos’altro, diverso da quello per cui sono nati e noti, non soddisfano nessuno. Chi già sta su TikTok e ne è – evidentemente – soddisfatto, non andrà su Facebook (o YouTube) a pubblicare i suoi video in stile TikTok semplicemente perché ora Facebook ha deciso di diventare TikTok. Tuttalpiù ripubblicherà i suoi video di TikTok su Facebook con il logo di TikTok sotto, così da fare pubblicità – per quello che potrà servire, cioè a nulla – al suo account di TikTok.

Se la maggior parte dei contenuti condivisi in stile TikTok su Facebook, Instagram o YouTube ha il logo di TikTok sotto, dovrà pur significare qualcosa.

Quindi, se aggiungo NFT a Instagram ottengo OpenSea?

Ora la mossa di voler far trasformare Instagram – e/o Facebook e/o qualsiasi altra piattaforma non nata per ospitare NFT – in OpenSea – o Rarible o qualsiasi altro marketplace NFT sia – a mio avviso, non produrrà che l’ennesimo epocale fallimento.

foto di Behnam Norouzi

Perché di OpenSea ce n’è una – anche più di una che funzionano ugualmente bene – e quindi chi è già soddisfatto di OpenSea – o Rarible che sia – difficilmente deciderà di trasformare contenuti in NFT su Instagram, per sperare così di avere successo nella pubblicazione extra marketplace NFT. Questo semplicemente perché la comunità di Instagram – non nata come piattaforma NFT – non sarebbe in grado di capirlo e quindi di supportare adeguatamente la scelta.

Se voglio pubblicare un NFT lo pubblicizzo su Twitter e lo vendo su OpenSea. Non di certo vado con la speranza – che rimarrà disattesa – di venderlo sull’immondo calderone concettuale dell’Instagram o del Facebook di turno.

Ma gli utenti di Facebook o di Instagram, che accidenti ne sanno di NFT?

Nulla. È certo, perché gli investitori che si rivolgono a Instagram per i loro acquisti di NFT semplicemente non esistono: né oggi, e non esisteranno nemmeno domani.

Per pubblicare un NFT su Instagram o Facebook, lo potrai pubblicare; ma per venderlo lì, be’, questa è tutta un’altra storia.

Con buona pace del presunto-smart Zuckerberg di turno.

foto di Souvik Banerjee