Bill Gates non comprerà mai i tuoi NFT, mettiti il cuore in pace

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Bill Gates ha affermato di recente che le criptomonete e gli NFT non hanno alcun valore perché sono basati sulla teoria del "Greater fool theory" che potremmo tradurre come la "Teoria del Re degli Stupidi": l'aumento o la caduta di cripto-asset dipendono dal fatto che un investitore sia disposto, o meno, a pagare più di un altro per la loro acquisizione, in relazione alla sua stupidità finanziaria.


In finanza, la “Teoria del Re degli Stupidi” si basa sul presupposto che qualcuno può fare soldi acquistando beni sopravvalutati e poi vendendoli al “Re degli Stupidi” (uno stupido più stupido dell’altro) per realizzare un profitto.

In un intervento fatto nel corso della conferenza “TechCrunch Sessions: Climate 2022” sui cambiamenti climatici, il famoso miliardario ha affermato che i progetti NFT “blue-chip”, come Bored Ape Yacht Club NFT ad esempio, non “miglioreranno immensamente il mondo”.

Il valore delle criptovalute è proprio ciò che qualcun altro decide che qualcun altro pagherà per questo, quindi non si aggiunge alla società come altri investimenti.

Gates ha affermato di preferire investire in asset con risultati tangibili, come fattorie o fabbriche, “o un’azienda in cui producono beni materiali” e che non possiede asset in criptovalute o NFT.

Bill Gates non è nuovo nell’esprimere scetticismo nei confronti delle criptovalute. In un’intervista del febbraio 2021, si è preoccupato dei pericoli degli investitori regolari che acquistano Bitcoin. In particolar modo allora, aveva criticato l’estrema volatilità delle criptovalute, in quanto era sufficiente un tweet di un investitore importante – come Elon Musk ad esempio – per svalutarle in maniera sostanziale di gran parte del loro valore.

Ma quando si investe, si investe per la gloria oppure per fare soldi?

Quella di Bill Gates è una voce autorevole, ma, secondo il mio modesto parere, dimentica quella che è la regola nr. 1 dell’investimento finanziario: fare soldi.

Se consideriamo l’aspetto di cui la finanza si costituisce, tutte le belle parole su sostenibilità, ambiente, natura, eguaglianza degli esseri umani, vanno bellamente a farsi benedire quando queste teorie incrociano la strada dissestata della “necessità” di rendimento del “vile” denaro.

Ogni forma di investimento è una forma di speculazione. Punto. Chi investe, investe solo per fare profitto.

Io non ho mai sentito nessuno – investitore professionista o amatore – dire: “ho investito un sacco di soldi in una fattoria ecosostenibile in Africa e ho perso tutto: non sai la soddisfazione e la felicità che mi ha dato questo investimento!“.

La massima soddisfazione che un investimento finanziario può dare, da quello che ne so io, è quello di investire 1 per racimolare, non 10, ma 100, 1.000, che problema c’è?

Che la finanza idealizzata dal buon Bill possa migliorare il mondo, è un concetto che mi è davvero nuovo.

Alla base di ogni operazione finanziaria (e commerciale) c’è (sempre e solo) la speculazione

Altrimenti come si spiegherebbero operazioni commerciali come quelle di realizzare dei palloni di calcio, che so, in Bangladesh – magari anche utilizzando mano d’opera minorile perché costa meno – per poi venderli nei top-store di mezzo mondo a prezzi ben al di là del concetto di giusto guadagno?

Se un pallone lo posso produrre a 10 in Sri Lanka per rivenderlo a 100 ovunque, perché lo dovrei produrre a 50 negli USA per venderlo ugualmente a 100?

Non tutta, certo, ma gran parte di ciò che oggi è conosciuta e definita come “finanza”, riceve la sua linfa vitale solo attraverso la speculazione.

Solo è che, fintanto che le azioni crescono, sono tutti finanzieri – con le azioni degli altri, verrebbe da dire – quando invece il mercato comincia a flettere, piangono tutti come pargoletti impauriti – per i bitcoin perduti.

Non so come mai, ma quando sento parlare un miliardario di sostenibilità finanziaria, produzione di beni materiali, mi viene sempre la scarlattina.